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Monica
Bonvicini
(Venezia 1965)
La
ricerca di Monica Bonvicini mette in evidenza nei suoi video, come nelle sue
installazioni e nelle fotografie, la volontà di “precisare certe cose che
normalmente vengono date per scontate”. Ad esempio, l’artista rilegge in tono
dissacrante il concetto classico di ‘creazione’ artistica, realizzando opere
in cui l’elemento principale non è la costruzione del lavoro, bensì la sua
distruzione (si veda il video Hammering Out, in cui una parete bianca viene
martellata continuamente, oppure Plastered, dove un pavimento di cartongesso
e polistirolo viene distrutto dal continuo passaggio del pubblico). In questo
tentativo di superamento dei ‘generi’ tradizionali e della idealizzazione
dell’artista, Bonvicini riflette inoltre sull’influenza dei media nella
definizione ed imposizione dei ruoli nella società, creando strutture ed
ambienti che rileggono in maniera dissacrante alcuni miti contemporanei (si
veda la garçonniere del perfetto scapolo secondo Playboy nell’opera
Eternmale) e
rivelano i legami esistenti tra strutture architettoniche e strutture di potere.
I suoi lavori
invitano lo spettatore a stabilire un dialogo fisico con le opere sulle quali
spesso si può camminare, ci si può stendere, le si possono toccare.
Vincitrice del Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 1999. Vive
e lavora a Berlino e Los Angeles.
Estremamente scarsa la sua produzione
finalizzata all'arte moltiplicata.
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